Dal Giacomo Balla di “Forma Rumore”, vernice su foglio dorato del 1913, alla celebre “Nona Ora” in scala ridotta di Maurizio Cattelan del 2005, fino alle “Scarpette” di Luigi Ontani del 2019, passando per Michelangelo Pistoletto, Alberto Burri, Lucio Fontana, Piero Manzoni, Jannis Kounellis, Arnaldo Pomododo e altri ancora. Cento anni di storia dell’ arte italiana seguendo una scia preziosa: è il viaggio proposto dalla mostra “Oro d’ Italia”, la lettura di un secolo scandito da oltre sessanta opere dei grandi maestri della pittura e della scultura che hanno utilizzato il metallo più amato nelle sue declinazioni più varie. C’è tempo ancora fino al 13 luglio per seguire questo racconto suggestivo nelle belle sale della Galleria Casoli-De Luca, al piano terra di Palazzo Albertoni Spinola, in piazza Campitelli, nel cuore di Roma. L’ esposizione, in collaborazione con lo Studio Geuna, concentra l’ attenzione in particolare sulla seconda metà del Novecento con richiami ai capolavori di una tradizione che affonda le radici nelle storie sacre dei Maestri attivi tra il Trecento e il Cinquecento. Lo opere si snodano in tre sezioni.
Quella centrale è dedicata all’uso dell’oro nel secondo dopoguerra: scorrono i lavori di Fausto Melotti, Alberto Burri, Lucio Fontana, Carla Accardi e Gastone Novelli. In mostra anche il raro Achrome, oro su tela di Piero Manzoni, considerato emblematico della ricerca a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Un nucleo di opere descrive l’Arte Povera con Pistoletto, Kounnellis, Alighiero Boetti, Giulio Paolini, Luciano Fabro, Giuseppe Penone, Gino de Dominicis. Nella seconda sezione della mostra, alcuni dipinti su fondo oro come la bellissima Madonna con bambino del Familiare del Boccati, della seconda metà del Quattrocento e l’imponente Crocifisso Corsi, del primo quarto del XIV secolo. “L’ idea – spiegano i promotori – è nata tra Roma e Londra.
E’ un modo per mostrare i ‘gioielli di famiglia’ nel momento un po’ più buio, dare risalto all’ arte italiana in una fase in cui se ne sente tanto il bisogno”. Dal futurismo di Balla e dalla “Genesi” di Adolfo Wildt, disegno a matita e oro su carta pergamenata del 1914, il percorso si snoda lungo il secolo soffermandosi sui celebri Concetti Spaziali di Lucio Fontana del 1959 e 1961. Su una parete campeggia il grande “Autoritratto oro” – olio, acrilico e oro su tela – di Pistoletto del 1960. E ancora, tre Burri, gli “Equilibri” di Fausto Melotti, il “Ritratto di Artista” del 1971 di Vincenzo Agnetti, “il grande padre del concettuale italiano”. Di Alighiero Boetti è l’ arazzo su tessuto del 1988 “il silenzio è d’oro”. L’ arco temporale si chiude con Le ceramiche di Ontani. A richiamare l’ occhio è, comunque, Cattelan che cita il suo celebre papa Wojtyla del 1999 a terra colpito da un meteorite nero con la piccola scultura realizzata sei anni dopo impiegando una ventina di chilogrammi di oro. Sua è anche la grande Zeta di Zorro del 1997 incisa sulla tela dorata evocando proprio i tagli di Fontana. Infine, il fascino della pagina dedicata ai gioielli, un mix di arte e artigianato che tra gli anni ’60 e ’80 impegnò nomi di spicco in creazioni raramente esposte in modo ragionato. In una teca spiccano oggetti preziosi, spille, orecchini, diademi, monili firmati, tra gli altri, da Fontana, Pomodoro, Pietro Consagra, Carla Accardi, Giulio Paolini, Maria Lai. (Ansa).
Oro d’Italia, scia preziosa d’arte
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