Ara Guler, l’ occhio di Istanbul

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La Istanbul degli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento e i personaggi della scena culturale internazionale. Le immagini della capitale, raccontata con sguardo neorealista tra i monumenti-simbolo, il porto, i ponti, gli operai e la povera gente dei vicoli e dei mercati. I ritratti dei grandi nomi della politica, del cinema, dell’ arte e della letteratura. Viaggia su questo doppio binario la mostra dedicata ad Ara Guler, tra i principali maestri turchi della fotografia, che il Museo di Roma in Trastevere ospita fino al 3 maggio. “Io rendo testimonianza alla città che sta scomparendo, che sta per perire. Perché so che non ci sarà più e bisogna farla vedere”, spiegò l’ artista di origine armena, morto nel 2018 a 90 anni. Parole che erano la prova del suo legame forte e appassionato con la metropoli. Fu così che per tutti divenne “l’ occhio di Istanbul”.
La mostra, promossa dalla Presidenza della Repubblica di Turchia, arriva a Roma dopo aver toccato Londra, Parigi, Kyoto e New York, prima della tappa finale a Mogadiscio La curatrice Fecir Alptekin ha selezionato 45 scatti di un bianco e nero affascinante della gloriosa città affiancati a una sezione riservata ai ritratti, con 37 immagini di personalità e vip immortalate da Guler nella sua lunga carriera. Ecco Winston Churchill con l’ immancabile sigaro e le dita della mano destra nel segno della vittoria, Josip Tito, Papa Paolo VI, il sorriso sensuale di Brigitte Bardot, Pablo Picasso, Chagall e Henri Cartier Bresson, e poi tante stelle del cinema mondiale, e italiano in particolare, da Sophia Loren a Gina Lollobrigida, Silvana Mangano, Antonella Lualdi, Federico Fellini, Bernardo Bertolucci. Gli restò, però, il rammarico di non essere riuscito ad aggiungere alla sua collezione Albert Einstein, Charlie Chaplin e Jean Paul Sartre. Dagli anni Cinquanta il fotografo collaborò con molte testate internazionali di prestigio, Time Life, Paris Match, Stern. Cartier Bresson lo volle nella sua mitica agenzia Magnum. Nel 1961 fu indicato tra i sette fotografi migliori al mondo dal British Journal of Photography Yearbook.
“Ara Guler è il fotografo della vita – dice la curatrice – Era troppo innamorato di Istanbul. Ne parlava come di una città sparita. Gli edifici e le case sono cambiati ma lo spirito della città e dei suoi abitanti, la sua luce speciale sono rimaste le stesse”. “Se si guarda bene, in ogni mia foto c’ è sempre una persona, un segno di vita, una storia”, diceva il maestro. Tra gli scatti più suggestivi, colpiscono l’ uomo ritratto nel 1972 in primo piano mentre alle sue spalle passa un battello, il taglio di luce sul selciato di una strada del quartiere Tarlabasi (1956), gli operai sul marciapiede di Eminonu (1954) la miriade di piccole barche nel tratto di mare con la Basilica di Santa Sofia sullo sfondo (1962), il viavai di persone e tram sul vecchio Ponte Galata (1954). “Ara Guler era un ‘marchio globale’ – scrive il presidente turco Erdogan nell’ intervento in catalogo-. Lo ricorderemo sempre con profondo rispetto come una delle più edificanti testimonianze della figura del ‘vero artista’ nel nostro Paese, con il suo linguaggio originale, avvincente e prolifico, libero da ogni forma di bigottismo”. La mostra, ha osservato la curatrice, anche per la scelta dei ritratti mette in luce il posto particolare occupato dall’ Italia nei rapporti con la Turchia. “Eventi come questo – ha rimarcato l’ ambasciatore Murat Salim Esenli – avvicinano ulteriormente i nostri due paesi”.