Roma, il 9 maggio ultimo concerto dei Quartetti di Shostakovich con il Quartetto Prometeo

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Sesto e ultimo concerto del lungo viaggio intrapreso per l’Accademia Filarmonica Romana dall’eccellenza del Quartetto Prometeo tre stagioni fa con l’esecuzione integrale dei Quartetti per archi di Dmitrij Šostakóvič. Giovedì 9 maggio (ore 21) al Teatro Argentina, Nurit Stark (primo violino che ha recentemente preso il posto di Giulio Rovighi, sarà il suo primo concerto con il Prometeo), Aldo Campagnari (secondo violino), Danusha Waskiewicz (viola) e Francesco Dillon (violoncello) affrontano gli ultimi due delle quindici composizioni che l’autore sovietico ha destinato al quartetto d’archi. Composti fra il 1938 e il 1974, attraversano una fetta importante della storia del Novecento che va dalla Seconda Guerra Mondiale ai primi segni di distensione della guerra fredda. La storia e l’esperienza personale di Šostakovič rivivono e si intrecciano in queste composizioni che diventano preziosa testimonianza di un’epoca storica e di un particolare sentire musicale.

 

Scritto negli ultimi anni di vita, il Quartetto n. 14 in fa diesis maggiore op. 142 del ’73 (Šostakovič morirà nel ’75), è dedicato a Sergej Sirinskij, amico e collaboratore da decenni, violoncellista del Quartetto Beethoven, formazione destinataria di molte prime assolute di Šostakovič. Diviso in quattro movimenti, nell’Adagio centrale una curiosa citazione della canzone napoletana Non ti scordar di me di Ernesto De Curtis, che gli studiosi ritengono legata alla Serenata (o Leggenda Valacca) di Gaetano Braga citata nel racconto di Anton Čechov Il monaco nero, che avrebbe dovuto diventare il soggetto della successiva opera lirica di Šostakovič.

 

L’ultimo Quartetto, il n. 15 in mi bemolle minore op. 144, successivo di due anni, sembra quasi un tragico addio alla vita. Così l’autore, malato da tempo, riportò su un appunto: “Ho scritto il quindicesimo Quartetto in tempo lento e in sei parti (Elegia, Serenata, Intermezzo, Notturno, Marcia funebre, Epilogo): ho cercato di creare un’opera drammatica, ma fino a che punto ci sia riuscito è difficile per me poter giudicare”. Per quasi 35 minuti regna un lungo Adagio, senza interruzioni, che viene percepito come un brano intero, scuro e malinconico, senza un momento di rilassamento o di luce. Una musica dalla forza ipnotica che rapisce con una costante tensione dell’udito e dell’animo.

 

Il concerto si inserisce nella rassegna “La musica da camera dal barocco al contemporaneo” sostenuta dalla Regione Lazio con il Fondo Unico 2024 sullo Spettacolo dal Vivo

 

 

La programmazione della settimana si arricchisce con la serata in Sala Casella venerdì 10 maggio (ore 18 via Flaminia 118) Parole e musiche in memoria di Gioacchino Lanza Tomasi. Nel giorno in cui cade il primo anniversario della scomparsa del grande intellettuale e musicologo italiano, la Filarmonica l’omaggia con un appuntamento che alterna i ricordi e le testimonianze di compositori, scrittori, registi all’ascolto della musica. Paolo Baratta (presidente dell’Accademia Filarmonica Romana) apre l’incontro che vedrà a seguire gli interventi di Roberto Andò, Caterina Cardona, Masolino D’Amico, Marcello Panni. La musica verrà affidata alla chitarra di Luigi Sini, che esegue di Francesco Pennisi Intermezzo e di Hans Werner Henze Drei Märchenbilder dalla fiaba per musica Pollicino, e al soprano Cinzia Forte impegnata in due arie d’opera di Vincenzo Bellini con Fabio Fornaciari al pianoforte.

Esperto di teatro d’opera, Lanza Tomasi ha ricoperto la carica di direttore artistico e sovrintendente di diverse fondazioni liriche e dei principali teatri d’opera, accademie e istituti musicali italiani, fra cui l’Accademia Filarmonica Romana, di cui è stato direttore artistico per due mandati, dal 1973 al ’76 e dal 1988 al 1991.