Contratto Sanità Privata, ULS: “I cittadini pagano due volte e la politica fa finta di niente”

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Se c’era qualcosa di cui far tesoro dalla pandemia da Covid-19 è l’importanza della Sanità pubblica la quale rimane ancora
impegnata a garantire il diritto di Salute a tutti i cittadini in questa fase di riapertura. Non meno importante, anche se con
servizi e prestazioni diversificate volte più che altro alla massimizzazione del guadagno, riveste un ruolo rilevante la Sanità
privata accreditata che eroga assistenza al pari del pubblico, sia per mezzo di soggetti senza scopo di lucro sia ai fini
commerciali, come venne emanato dal D.Lgs 229/99. Proprio questi soggetti privati che svolgono attività ai fini commerciali,
quindi per fare profitto, non rinnovano il CCNL dei propri Lavoratori da quattordici anni – dichiarano dal Direttivo Nazionale
ULS Unione Lavoratori Sanità Anna Rita Amato e Antonino Gentile.
Padroni e rispettivi fatturati milionari che vorrebbero rinnovare il CCNL solo a patto ricattatorio che lo Stato, per mezzo
delle Regioni, metta soldi pubblici in centinaia di milioni di euro a copertura dei costi economici dell’operazione. Il comparto
Sanità privata composto da Infermieri, Oss, Tsrm, Ausiliari, Fisioterapisti e altri che lavorano alla stregua dei colleghi del
pubblico, grazie alla deriva privatistica senza regole permessa in questi anni, non si vede riconosciuti gli stessi diritti e le
stesse retribuzioni, permettendo di fatto l’esistenza di Lavoratori di serie A e di serie B. Quindi – continuano ad osservare
dal Direttivo Nazionale ULS -, per concorrere all’adeguamento dei salari, dimenticandosi di 14 anni di arretrati (dal 2006
al 2020), le associazioni datoriali Aris Aiop insieme a Cgil Cisl Uil hanno concordato di rivolgersi alle casse di denaro
pubblico (tramite le Regioni) per garantire ai circa 100 mila Lavoratori una manciata di euro di aumento mensile. Si è anche
pensato di ristorare il “disagio” di 14 anni di attesa con una somma di 1000 euro come “una tantum” che, grazie alla
propaganda sindacale, si spaccia per risultato e nulla a pretendere. I Lavoratori del privato in buona sostanza, con rapporti
assistenziali addirittura di 2 Infermieri per 40 pazienti, avranno come “ristoro” dei mesi lavorati disagiati in attesa del rinnovo
la cospicua somma di circa 7 euro mensile. Di contro si è però dovuto cedere il passo alle deroghe sull’orario di riposo
causa formazione, sul comporto della malattia e dell’infortunio, sulla durata della prestazione lavorativa e sulle ore di
permessi straordinari retribuiti, oltre l’innumerevole quantità di regole redatte in maniera interpretabile a favore del datore
di lavoro. D’altronde oramai non c’è motivo di nascondere il rapporto esistente tra parti sociali e padroni sul concordare
gioiose nascite di enti bilaterali, welfare aziendale, comitati e servizi che da tempo infarciscono la compianta lotta sindacale
senza compromessi.
Come ben noto il fabbisogno sanitario nazionale standard è finanziato annualmente dalla fiscalità generale delle Regioni,
vale a dire principalmente dall ‘IRAP e dall’addizionale regionale all’ IRPEF, dall’entrate proprie degli enti del SSN (come
i ticket e i ricavi derivanti dall’attività intramoenia dei propri dipendenti. Il fabbisogno non coperto da tali fonti di
finanziamento è pertanto posto a carico dello Stato, che provvede attraverso la compartecipazione regionale all’ IVA e il
Fondo Sanitario Nazionale. Gli utili prodotti dai datori di lavoro privati, purtroppo, non ci risultano essere divisi con le casse
pubbliche ma finiscono nei conti bancari di soggetti imprenditoriali. Pertanto vorremmo rivolgerci al Governo, al Ministro
della Salute e alle Regioni sollevando – concludono Amato e Gentile – un’osservazione, al netto del sacrosanto diritto dei
Lavoratori della Sanità privata di avere rinnovato il CCNL, sull’opportunità di far pagare due volte i costi del SSN ai cittadini
che, rivolgendosi al privato accreditato, con le proprie tasse ne stanno pagando, oltre che il servizio sanitario offerto e
ricompreso nel sistema dei DRG/Budget, anche quella parte economica che dovrebbe permettere l’adeguamento salariale
contrattuale dei Lavoratori permettendo invece ai datori di lavoro un operazione a costo zero. E il fatturato si impenna,