Angelico non è solo il nome del nuovo album del cantautore bolognese Guglielmo, ma una provocazione: dietro l’aspetto da “volto biondo dagli occhi azzurri” si cela “il dolore che non si dice, il buio tinto di celeste”. Il musicista felsineo è pronto a svelare il suo nuovo album, un progetto intimo e profondo realizzato con il sostegno di MiC e SIAE.
L’album è il racconto di storie intense, talvolta felici e talvolta drammatiche, con un sound plasmato dalle collaborazioni con Renato Droghetti e Alessandro Gemelli. Dagli omaggi/citazioni alla DJ Peggy Gou e alla memoria storica di “2 Agosto 1980”, al forte legame con Bologna squadra e città e l’esperienza nel cinema con Enrico Vanzina, Guglielmo ci guida in un percorso artistico onesto e istintivo. Lo abbiamo incontrato per farci raccontare il significato di questa dualità e il processo creativo che ha dato vita ad Angelico.
Come sei arrivato a definire Angelico come “il dolore che non si dice, il buio tinto di celeste, l’amore sospeso”?
Perchè il mio volto può sembrare un volto esclusivamente positivo, felice e sereno, un volto biondo dagli occhi azzurri. In realtà questo aspetto fisico può confondere e nascondere il buio perchè tinto di celeste. Chiaramente è una provocazione.
Quale momento o sensazione ha ispirato il titolo e il mood generale dell’album?
Mi sono accorto che in tutti i brani racconto storie mie o storie terze, anche drammatiche o dolori. Sensazioni in cui ciò che il nostro volto e la nostra espressione comunicano è importante, e quindi può essere camuffato dal concetto di Angelico.
Hai lavorato con Renato Droghetti per la produzione generale e con Alessandro Gemelli per il singolo “Ci baciavamo”. In che modo queste due collaborazioni hanno plasmato e influenzato il sound finale di Angelico?
Sono due professionisti incredibili della musica, Renato è un pianista eccellente, Alessandro è un produttore molto moderno che riesce a lavorare anche su brani più cantautorali. Mi trovo benissimo con loro, sanno benissimo in un brano cosa voglio, mi hanno sempre valorizzato e sono contento di come è venuto l’album.
Nella tracklist ci sono titoli molto specifici come “2 Agosto 1980” e “Peggy Gou”. Che ruolo gioca la memoria o il riferimento culturale in questi brani e cosa dobbiamo aspettarci dalla traccia dedicata alla DJ?
Alla DJ ho dedicato il titolo di un brano perchè nel ritornello dico “Magari ci rivedremo quando suona Peggy Gou”, quindi per me è un momento – intendo universalmente parlando – bellissimo, è un tributo. Per quel che concerne “2 agosto 1980”, vengo da Bologna e sono molto legato alla mia città e a tutto ciò che ha accaduto anche di drammatico, mi sembrava giusto raccontare una storia.
La canzone “Come scrivo le canzoni” sembra una riflessione sul tuo metodo. Puoi raccontarci il percorso e l’approccio che utilizzi abitualmente per dare forma e vita ai tuoi brani?
Mi piaceva dare un input a chi ascolta e raccontare come io effettivamente le scrivo, mi piace molto questo momento della musica. Non faccio altro che raccontare quello che vivo o mi piacerebbe vivere, cerco di essere me stesso al 100% e non stare troppo tempo su una parola perchè penso che la prima che viene in mente sia la più vera.
L’album è stato realizzato con il sostegno del MiC e di SIAE nell’ambito del programma “Per Chi Crea”. Quanto è stato importante questo supporto per la realizzazione del progetto da un punto di vista artistico e strutturale?
Il supporto è stato fondamentale, la realizzazione di un album è un progetto veramente importante anche abbastanza impegnativo a livello di collaborazioni. Grazie a questo supporto sono riuscito a fare un album interamente suonato dal vivo, un privilegio per me avere in studio dei professionisti incredibili: chitarristi, pianisti, batteristi, autori. Mani ed orecchie in più che hanno contribuito in più, e di molto, al mio progetto musicale.
Il tuo percorso include la collaborazione con Enrico Vanzina per la colonna sonora del film “Tre sorelle”. Com’è stato entrare nel mondo del cinema e collaborare con un nome così importante, e cosa ti ha lasciato questa esperienza?
Quando ho iniziato a fare musica non mi sarei mai aspettato di scrivere una canzone per una pellicola cinematografica. Grazie a Enrico sono riuscito a scrivere un brano per un film, scritto ad hoc perchè commissionato da lui. Tutto ciò non lo dimenticherò mai, sono diventato poi amico di Enrico e tutto ciò è una cosa meravigliosa.
Sei un cantautore bolognese che ha omaggiato il Bologna Calcio e ha avuto l’occasione di cantare “Carboni” davanti a Luca Carboni. Quanto la tua città e la sua storia artistica influenzano il tuo modo di fare musica?
Secondo me l’influenza di Bologna e del Bologna sono molto importanti nel mio lavoro. Essendo un cantautore mi piace raccontare la mia vita e quello che vivo. Il Bologna è la squadra che vivo, Bologna è la città dove sono nato e in cui vivo. Parlare dell’impresa del Bologna e della mia città mi viene naturale, mi viene automatico, mi piace sempre valorizzare ogni brano che faccio. La canzone per il Bologna è stato un momento incredibile, intanto perchè ero in Piazza Maggiore a festeggiare, poi perchè è stato inaspettato: il brano è diventato virale a Bologna e tutt’ora le persone mi fermano i tifosi allo stadio Dall’Ara e finanche quando riesco ad andare in trasferta. Quindi è stato un matching di tantissime cose: la squadra, la mia città, le persone che incontro.
L’album è anticipato dai singoli “Se mi guardi così” e “Ci baciavamo” e hai già annunciato il prossimo brano “Non mi basti mai”. Quali sono gli obiettivi a breve termine, a livello di live e di riscontro dal pubblico, che vuoi raggiungere dopo l’uscita di Angelico?
Sicuramente dopo la pubblicazione dell’album è mia volontà alle persone tutto quello che ho vissuto durante la creazione di questo album. Vorrò parlare del significato di ogni brano, perchè ognuno di esso ha una storia che magari non si coglie subito. Faremo un lancio di ogni istore dove avrò la possibilità di raccontare la storia dell’album e di ogni singolo brano.
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